The Official I-Hate-Video Games Handbook è un libro satirico pubblicato nel
1982 dalla Pocket Book dove compare il nome di Emily Prager con illustrazioni
di Frank Morris. Con le sue 93 pagine il volume si presenta come una parodia
di un prontuario rivolgendosi a coloro che si sentono sopraffatti dalla
crescente influenza dei videogiochi nella cultura popolare dell'epoca.
Il libro adotta un tono ironico e provocatorio, simulando una "crociata
anti-videogiochi" con titoli di capitoli come "Altered Video States: The
Long-Term Side Effects" e "A Video Game Addict's Diary". Attraverso queste
sezioni, Prager esplora con umorismo le ansie e le paure legate all'ascesa dei
videogiochi, spesso esagerando volutamente per sottolineare l'assurdità di
certe preoccupazioni.
Tra le parodie di giochi menzionate nel libro vi sono titoli inventati come
"Erogenous Zones: The Porno Game" e "Limited Nuclear War: The Final Video
Game!", che servono a criticare e ridicolizzare la percezione dei videogiochi
come minacce morali o intellettuali. Queste invenzioni evidenziano l'approccio
satirico dell'autrice nel trattare l'argomento.
Nonostante la sua natura umoristica, il libro offre uno spunto di riflessione
sulle reazioni esagerate e spesso infondate che accompagnavano l'emergere dei
videogiochi negli anni '80. Attraverso l'uso dell'ironia, Prager mette in luce
le contraddizioni e le paure infondate che circondavano questo nuovo medium.
In sintesi, The Official I-Hate-Video Games Handbook è una lettura divertente
e pungente che, pur essendo radicata nel contesto degli anni '80, offre ancora
oggi uno sguardo critico sulle reazioni culturali ai cambiamenti tecnologici.
È consigliato a chiunque sia interessato alla storia dei videogiochi, alla
satira culturale o semplicemente desideri una lettura leggera.
Libere associazioni sull'antesignano film di Steven Lisberger del 1982. La realtà virtuale antelitteram, il buco del bianconiglio verso un mondo parallelo le cui regole
sono scritte sul silicio ma che possono governare anche il nostro. I personaggi del Mago di OZ in cammino per andare ad abbattere la malvagia strega dell'ovest,
il tutto illuminato da colori al neon. Le spade laser diventano a forma di freesbe e gli speeder come la moto di Akira.
E' online il numero 1 di HOME COMPUTER Maggio 1984.
E' online il numero 1 di COMPUTER GAMES Aprile 1984.
In attesa di una riorganizzazione propongo un collegamento diretto.
Inoltre vorrei evidenziare una vera chicca per gli amanti di questa testata, la targa dello Studio Vit
di Via Aosta 2 (recuperata dal gruppo di facebook "Studio Vit degli Anni 90 (quello vero)".
E' online il numero di Ottobre 1986 di Video Giochi News.
Chi ha dominato il mercato console durante la storia dei videogiochi? Basta leggere la mano e vedere quanto è lunga la linea della vita.
Le premesse a questa rappresentazione (in bozza) sono che ho momentaneamente glissato gli handheld (cosa non da poco visto che il DS ha da poco
superato la soglia dei 100 milioni di pezzi). Non ho incluso le console prima del 2600 e nemmeno piattaforme minori che non sono riuscite ad affacciarsi per un periodo significativo sul mercato.
Non si tiene conto della differenza di uscita sui tre mercati, ne del fatto che magari un megadrive viene tenuto ancora oggi
in vita in Brasile. Inoltre per completezza bisognerebbe differenziare la data di dismissione della console da quella del termine di produzione del software
...insomma un sacco di variabili non facili da rappresentare in una sola overview il cui scopo rimane quello di dare una visione d'insieme.
Jetpac è il primo gioco della Ultimate Play The Game a comparire sullo Spectrum nel 1983.
Un esordio grandioso per un marchio, appartenente alla A.C.G. Ltd degli allora sconosciuti fratelli Stamper,
che farà parlare di se. Negli anni successivi ai clamori sul computer di Clive Sinclair gli Stamper Bros rimangono folgorati dalle
potenzialità del NES di casa Nintendo ed andranno progressivamente a creare quello che diventerà la Rareware.
Il gioco entra nella memoria dello Spectrum base con 16K e, pur proponendo un gameplay estremamente semplice, offre una
giocabilità estrema.
Lo scenario è quello di un pianeta sconosciuto dove, nel primo quadro, dobbiamo ricostruire il nostro razzo
raccogliendo tre parti sparse per lo schermo. Una volta composto dobbiamo raccogliere sei casse di carburante
che cadono randomicamente dall'alto, insieme ad altri bonus come gemme e lingotti d'oro. Basta passare
sulla verticale del nostro razzo per far si che queste cadano su di esso andando a farlo progressivamente riempire cambiando colore.
Una volta completato il rifornimento possiamo entrare nel razzo e partire. La scena del decollo è gratificante
ma soprattutto ci lascia un po' di respiro prima di passare, senza alcun intermezzo, al quadro
successivo. I quadri mostrano lo stesso scenario ma con abitanti diversi, idealmente divisi in stage in base a tre modelli diversi di astronave.
Se nel primo quadro dovremo schivare delle meteoriti che proseguono in linea retta, successivamente abbiamo a che fare con una fauna locale
un po' più ostile che cambia repentinamente traiettoria, aumentando la propria bellicosità fino a rincorrerci.
Da ragazzini ovviamente le forme erano prontamente ribattezzate in: ricci, palloni, aerei, ufo, le croci, le astronavi, le ranocchie, le palle di fuoco etc..
il tutto inframmezzato dai dovuti improperi in caso di perdita di una vita o di una traiettoria sbagliata.
Il nostro personaggio deve far ricorso al suo jetpac per librarsi in volo (con la stessa meccanica vista nel Joust Atari) ed è dotato di un'arma che spara
in maniera simile al laser del Defender della Williams. L'audio, essenziale, è in linea con i giochi prodotti per lo spectrum e la grafica,
pur afflitta dal solito color-clash, è solida e ben realizzata nel suo minimalismo. Questo è uno dei primi giochi
che vidi sullo spectrum dopo Hungry Horace e Horace and the Spiders, e dopo il design un po' goffo
offerto dalla Melbourne House fui davvero felice di vedere qualcosa di ben più stiloso come Jetpac.
Il marchio Ultimate Play The Game divenne presto una garanzia di qualità sullo Spectrum,
dove la cura del dettaglio grafico e la giocabilità erano garantiti prima che la parola gameplay
diventasse di uso comune. Pssst, Trans Am, Cookie, Knight Lore e Atic Atac erano i cavalli di battaglia che si mostravano
agli amici per dimostrare le potenzialità del proprio home computer. Successivamente uscì Lunar Jetman (non è bello
il warthog di HALO antelitteram presente nel gioco?), una versione avanzata di JETPAC, ma questa prima versione
è rimasta sicuramente più impressa nella mente e nel cuore dei vecchi possessori di Spectrum.
Nel 2002 Microsoft ha acquistato la Rare ed i diritti sui giochi originari, è stato
quindi riproposto un remake da scaricare tramite il servizio XBLA intitolato Jetpac Refuelled.
Lo spettacolo visivo è adeguato agli standard nextgen ma l'esperienza originale è talmente forte nei giocatori
di vecchia data che la riproposizione è stata da molti accolta a mezza bocca, anche
perchè mentre l'originale
si proponeva come innovazione nel panorama di quei tempi in questo caso si rischia di perdersi nell'impressionante quantità
di giochini in flash presentati quotidianamente in rete. Esiste anche una versione graficamente più limitata
di questo gioco per il Commodore VIC 20.
Avete presente Keystone Cops i film muti anni '20 con il manipolo di poliziotti imbranati e le torte in faccia? Keystone Kapers ne riprende chiaramente ispirazione sia nell'ambientazione (radio d'epoca) sia nell' abbigliamento
della guardia e del ladro. Ed è infatti proprio questa la tematica del gioco che potremmo dichiarare proprio "guardia e ladri".
Ho sempre avuto l'impressione che la comicità di Keystone Cops fosse stata presa a piene mani
nelle scene in cui l'ispettore Zenigata insegue Lupin alla testa di un'orda di poliziotti imbranati ma questa è un'altra storia. Keystone Kapers è un gioco abbastanza
originale se pensiamo ai platform dell'epoca, non è Donkey Kong ne Burger Time. Abbiamo la visione di un centro commerciale
su tre piani più il tetto. In un limite di tempo massimo dovremmo catturare l'evaso (è evaso
di fresco perchè ha l'uniforme a strisce) prima che questo raggiunga il tetto. Dato che la larghezza dei piani è considerevole avremo un ascensore al centro e
delle scale mobili ai lati. Come ostacoli avremo carrelli, palle rimbalzanti e aereoplanini giocattolo a renderci la vita difficile
nonchè l'abilità del nostro amico nel tenersi a distanza, all'occorrenza anche cambiando repentinamente direzione. Noi possiamo
correre, saltare o accucciarci e durante il percorso raccogliere degli oggetti che ci daranno dei punti, valige o sacchi
(di soldi?). Ora veniamo al bello: il comparto tecnico. E' indubbio che Activision sia la punta di diamante della produzione software su
Atari 2600 ma qui siamo al "perfect all around". Ogni singolo pixel è cesellato con dovizia, le animazioni sono outstandig (l'evaso
con la tuta a strisce è uno spettacolo), i movimenti fluidissimi, scenografia e scelta cromatica al top, detect e collisioni come al solito fanno scuola,
il tutto legato insieme da una grafica pulita e solida. Il gioco in se stesso potrebbe non convincere chi ama i generi più cruenti
ma oggettivamente non è possibile trovare difetti di gameplay ne non riconoscerne l'originalità. Insomma su Atari di più non si può fare.
Must have in libreria.
BOX E.T. Atari 2600
Manuale E.T. Atari 2600 1
Manuale E.T. Atari 2600 2
Manuale E.T. Atari 2600 3
Manuale E.T. Atari 2600 4
Manuale E.T. Atari 2600 5
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Manuale E.T. Atari 2600 14
Manuale E.T. Atari 2600 15
Avete presente Keystone Cops i film muti anni '20 con il manipolo di poliziotti imbranati e le torte in faccia? Keystone Kapers ne riprende chiaramente ispirazione sia nell'ambientazione (radio d'epoca) sia nell' abbigliamento
della guardia e del ladro. Ed è infatti proprio questa la tematica del gioco che potremmo dichiarare proprio "guardia e ladri".
Ho sempre avuto l'impressione che la comicità di Keystone Cops fosse stata presa a piene mani
nelle scene in cui l'ispettore Zenigata insegue Lupin alla testa di un'orda di poliziotti imbranati ma questa è un'altra storia. Keystone Kapers è un gioco abbastanza
originale se pensiamo ai platform dell'epoca, non è Donkey Kong ne Burger Time. Abbiamo la visione di un centro commerciale
su tre piani più il tetto. In un limite di tempo massimo dovremmo catturare l'evaso (è evaso
di fresco perchè ha l'uniforme a strisce) prima che questo raggiunga il tetto. Dato che la larghezza dei piani è considerevole avremo un ascensore al centro e
delle scale mobili ai lati. Come ostacoli avremo carrelli, palle rimbalzanti e aereoplanini giocattolo a renderci la vita difficile
nonchè l'abilità del nostro amico nel tenersi a distanza, all'occorrenza anche cambiando repentinamente direzione. Noi possiamo
correre, saltare o accucciarci e durante il percorso raccogliere degli oggetti che ci daranno dei punti, valige o sacchi
(di soldi?). Ora veniamo al bello: il comparto tecnico. E' indubbio che Activision sia la punta di diamante della produzione software su
Atari 2600 ma qui siamo al "perfect all around". Ogni singolo pixel è cesellato con dovizia, le animazioni sono outstandig (l'evaso
con la tuta a strisce è uno spettacolo), i movimenti fluidissimi, scenografia e scelta cromatica al top, detect e collisioni come al solito fanno scuola,
il tutto legato insieme da una grafica pulita e solida. Il gioco in se stesso potrebbe non convincere chi ama i generi più cruenti
ma oggettivamente non è possibile trovare difetti di gameplay ne non riconoscerne l'originalità. Insomma su Atari di più non si può fare.
Must have in libreria.Dopo aver aperto la breccia nel muro di destra della Stanza D'Entrata, entrate nel Tempio armati della sola frusta. Portatevi nella Stanza della Luce Splendente passando attraverso l'entrata che si trova in basso a destra. Apritevi un varco nel muro della prigione, usando la frusta, e passate nella stanza del tesoro fino a quando avrete raccolto i tre tesori (Croce Ansata, Chai e Clessidra) e tre sacchi di monete. Prendete per ultime le monete (scartando la frusta solo a quel punto) per evitare di restare bloccati nelle prigioni. Uscite sulla sinistra dalla Stanza della Luce Splendente (la porta si trova poco sopra la prigione di sinistra) facendo attenzione a non urtare i corpi solidi e le mura delle prigioni. Una volta tornati al Mercato date allo Sceicco Nero il Chai: vi porterà al Mercato Nero. Prima di muovervi, regalate un sacco di monete al Lunatico Delirante. Portatevi sulla Pala e compratela con due sacchi di monete. Uscite dallo schermo dall'angolo in alto a destra e vi troverete nel Mercato. Tornate nel Tempio (ricordandovi di raccogliere la frusta) e andate nella Stanza del Tesoro. Prendete un sacco di monete e con queste acquistate il Paracadute dallo Sceicco Bianco del Mercato. A questo punto avrete questi oggetti: Paracadute, Clessidra, Croce Ansata e Pala. Prendete la Chiave che si trova nel canestro in basso a destra e passate più volte su questo canestro e su quello in alto a sinistra fino a quando non avrete in dotazione un aggetto di forma romboidale. Portate il puntino di selezione degli oggetti sotto la Croce Ansata e premete il pulsante della leva di destra. Vi troverete al centro del Piano delle Terrazze. Scendete con l'uncino fino all'ultima terrazza. A questo punto scartate la Croce Ansata e portatevi al centro della terrazza. Scendete allo schermo sottostante. Vi trovate nella Stanza delle Mappe. Portate il puntino di selezione sotto la Chiave e affiancatevi alla striscia viola. Apparirà la mappa. Ora portatevi dentro il quadretto viola e fermatevi esattamente al centro. Attendete che nel riquadro in alto si formi un disegno (questo avviene quando l'orologio indica le 12, ma con questo sistema non avete con voi l'orologio) formato da otto settori che appaiono uno per volta. Quando appare l'ottavo settore spostate il puntino selettore sotto l'oggetto romboidale. Un punto luminoso vi indicherà in quale terrazzo si trova L'arca Perduta. Sposate nuovamente il puntino sotto la Chiave senza spostare Indy e solo a questo punto uscite dal quadretto restando nella parte gialla dello schermo e risalite fino alla prima terrazza. Portate il puntino selettore sotto la Clessidra e vi verrà dato un nuovo uncino. Andate sulla terrazza giusta, scartate la Clessidra e prendete il Paracadute. Gettatevi dalla terrazza e premete, cadendo, il pulsante del comando di destra, spostando contemporaneamente il joystick verso sinistra fino a toccare col paracadute (non con Indy) il ramo che sporge. Entrerete per un pertugio nella stanza giusta. Premete subito il pulsante del comando di sinistra per scartare il Paracadute (fate attenzione a non farvi toccare dagli animaletti che rubano gli oggetti) e scendete fino al mucchio di sabbia. Prendete la pala e passando avanti e indietro premete il pulsante del comando di destra fino a quando troverete "l'Arca".
MAPPA Raiders of the lost ark
Manuale Raiders of the lost ark
Manuale Raiders of the lost ark 1
Manuale Raiders of the lost ark 2
Manuale Raiders of the lost ark 3
Manuale Raiders of the lost ark 4
Manuale Raiders of the lost ark 5
Manuale Raiders of the lost ark 6
Manuale Raiders of the lost ark 7
Manuale Raiders of the lost ark 8
Manuale Raiders of the lost ark 9
Manuale Raiders of the lost ark 10
Activision ama dare un nome ai propri eroi, anche questa è cura dei particolari, quindi dopo Harry Pitfall in H.E.R.O
(Helicopter Emergency Rescue Operations) abbiamo Roderick Hero. Temporalmente il gioco esce in
un momento dove il 2600 gode della piena maturità tecnica dei programmatori, e considerando che quelli Activision sono il top
non possiamo che avere un gioco sopra la media a livello di giocabilità e pulizia grafica. Come in Pitfall II l'esperienza
è sotterranea, ma invece di andare a trovare tesori abbiamo davanti il compito, come unità speciale di recupero, di andare
a salvare dei minatori rimasti nelle profondità della terra. La dotazione prevede un heli-pac, dinamite ed un'arma da fuoco
che ci serviranno rispettivamente per sollevarci da terra, per abbattere gli eventuali
ostacoli che ci separano dal nostro obiettivo e per far fuori le bestiacce che infestano le caverne. E' apprezzabile il livello
di difficoltà graduale che si incontra nell'affrontare le missioni, si parte a livelli
elementari per arrivare a missioni davvero complicate che richiedono un buono skill di abilità. Per ogni missione avremo una quantit� limitata di energia
che comunque cala anche in caso di inattività. Per far volare il nostro eroe è sufficiente muovere il joystick
verso l'alto (a dir la verità se vogliamo trovare un difetto nei controlli è l'eccessiva insistenza che occorre effettuare
sul joystick per il decollo), per depositare un candelotto di dinamite occorre tirare la leva verso il basso, col pulsante
si fa fuoco. I materiali che compongono le caverne sono distinguibili dal colore, occorre fare attenzione al rosso-lava
perchè perderemo una vita al solo contatto. Gli ambienti sono illuminati da delle lanterne, colpirne una direttamente o sparando
vorrà dire rimanere al buio. Fortunatamente il detect delle collisioni nella buona tradizione Activision è
pressochè perfetto.
Il porting di H.E.R.O. è presente su tutte le console e gli home computer del periodo, e anche se alcune di queste sono
leggermente più ricche dal punto di vista grafico non aggiungono nulla alla
giocabilità di quella per il VCS.
Anche se a prima vista sembrerebbe l'ennesimo clone di Defender (scorrimento orizzontale con radar sul fondo dello schermo)
appena preso il joystick in mano si scopre immediatamente che non lo è. La dovizia di particolari inseriti
restituisce davvero il feeling della battaglia sul pianeta ghiacciato di Hoth dove con il nostro snowspeeder dovremo impedire
l'avanzata degli AT-AT imperiali verso il generatore. Cominciamo col dire che questo gioco presenta l'effetto parallasse
sullo scorrimento, tra l'altro fluidissimo, davvero avanti per stare su un Atari 2600. Il sonoro è fantastico, con l'incedere
dei quadripodi di sottofondo, al nostro sparo corrisponderà un soddisfacente rumore di laser, stessa cosa per l'abbattimento
di uno dei veicoli. Gli AT-AT per difendersi spareranno un missile a ricerca verso di noi, che può essere abbattuto, ma se colpiti avvertiremo
la stessa spinta visibile nel film quanto uno degli snowspeeder prende un colpo. Allo stesso modo quando saremo abbattuti
il nostro veicolo non esploderà in volo ma precipiterà al suolo. Volendo, l'ottima fisica della nostra navetta permette di atterrare e fare "surf" sul ghiaccio.
Atterrando, per un numero massimo di due volte, potremo effettuare le riparazioni per ritornare allo stato ottimale.
Gli AT-AT per essere distrutti necessitano di un notevole numero di colpi ma occasionalmente apparirà un pixel, che se centrato,
ne comporterà l'immediata esplosione. I danni sono indicati dal cambiamento di colore, sia nostro, che degli avversari.
Complessivamente uno dei migliori giochi di azione presenti nella libreria Atari.
Considerando che è legato ad un brand supersfruttato
una bella sorpresa.
"The river of no return" è un sottotitolo abbastanza intrigante per un videogioco e Activision questa volta non solo si distingue sulla console di casa Atari
per l'eccellenza dei suo titolo ma va ben oltre. Siamo di fronte al primo shooter a scorrimento verticale della storia degno di tale nome, e visto il seguito
che avrà questo genere negli anni a venire non è poco.
Dalla mia infanzia questo titolo è indissolubilmente legato ad un nome: Carol B. Shaw. Solo nell'epoca di internet sono riuscito a sapere poco di più
su questo misterioso personaggio che spicca tra quelli del periodo non solo per le incredibili capacità tecniche ma soprattutto per essere l'unica
donna nel suo ambito. Ancora più insolito il fatto che i giochi a cui ha lavorato precedentemente sono Tic-Tac-Toe, la Dama, passare da questi
board game ad un action e fare centro al primo colpo lascia immaginare qualcosa di geniale. Fortunatamente pensò bene di creare il suo capolavoro
in Activision e non in Atari altrimenti la politica di Bushnell avrebbe totalmente oscurato il suo nome. L'ostacolo maggiore nel creare uno shooter
a scorrimento verticale su un Atari VCS è quello che non si ha assolutamente memoria per creare dei pattern fissi, gli oggetti devono essere
creati dinamicamente (come avviene in Pitfall). River Raid eccelle sotto ogni punto di vista e rivela essere il risultato del top della programmazione,
della grafica e del gameplay che si possa cavare da un 2600. L'aereo che guidiamo lungo il fiume ha dei controlli precisi, il detect delle collisioni è perfetto,
lo scrolling è fluido, gli oggetti sono disegnati ottimamente in alta risoluzione ed i colori opportunamente applicati, il suono delle esplosioni gratificante.
Il tutto è mescolato alla perfezione e l'aggiunta della strategia dei rifornimenti ben calibrata. Must have.
Chopper Command ("Chopper" in slang militare vuol dire "Helicopter") è uno
sparatutto a scorrimento orizzontale, come concept molto simile a Defender. Si
differenzia per l'ambientazione bellica invece che spaziale, ma persino lo
sparo del nostro elicottero ricorda da vicino quello del gioco della Williams.
La nostra missione è quella di difendere un convoglio dagli attacchi di altri
elicotteri e jet nemici, il che non richiede una particolare tattica ma solo
abilità di manovra. Nella parte inferiore dello schermo abbiamo un radar che
rappresenta tutta la scena di gioco, compreso convoglio e nemici. Nel periodo
in cui esce Chopper Command il brand di Defender è molto forte, questo titolo
invece non gode di alcun riferimento, ma è lampante il fatto che i programmatori
Activision siano avanti rispetto a quelli di casa Atari, che ancora una volta
presentano un porting davvero mediocre. Tra i due titoli, la solidità degli
sprite e la fluidità dello scrolling non sono neanche lontanamente paragonabili.
Questo gioco lo rivedremo tra qualche tempo brandizzato Virgin sul Commodore 64,
con le adeguate migliorie: un certo Falcon Patrol.
L'Atari VCS (semplicemente Video Computer System, poi 2600 per differenziarla
nella gamma di nuove console) è "la console" di prima generazione per eccellenza,
il punto di riferimento dell'home gaming per tutti gli anni '80. Pensando al
fatto che effettivamente è una macchina di fine anni '70, è incredibile quanto si
sia potuto ottenere dal suo hardware. Con a disposizione un Motorola 6507 e 4K
di RAM, su questa console girano porting arcade di successo originalmente pensati
per schede infinitamente più potenti. Se oggi sentiamo lamentele sulla
complicatezza degli hardware attuali, basti pensare al genio che ha mosso famosi
programmatori nella golden age per tirare fuori videogiochi assolutamente
eccezionali lavorando sui singoli bit ed aggirando limitazioni impossibili. Solo
chi ha coscienza di queste sfide capisce ed apprezza il retrogaming di prima
generazione, dove ogni pixel che si muove su schermo è il prodotto di un pensiero
ingegneristico di alto livello. In un periodo dove la grafica ed il gameplay si
dovevano piegare al bit, in molti casi è apprezzabile anche il risultato
artistico ottenuto da persone totalmente estranee a questo campo. Dato che ormai
siamo lanciati negli elogi, possiamo anche osar dire che l'Atari VCS è la console
la cui libreria software racchiude seminalmente tutti i generi ludici esistenti,
essendo stata un prodotto di successo per molto tempo. Ha attinto per prima ai
concept ludici nipponici, vantando giochi ideati dalle più importanti
softwarehouse tutt'oggi leader del mercato. Purtroppo, tanto si è innalzata
sulla vetta quanto è stata catastrofica la caduta. Praticamente il VCS è stata la
prima ed ultima star del mercato occidentale, prima che quello orientale si
appropriasse dello scettro e lo tenesse saldamente in mano per oltre un ventennio.
Pac-Man è il caso più eclatante della politica superficiale Atari proprio nel
momento di suo massimo splendore, quando cioè credeva che qualsiasi schifezza
sfornasse la gente se la sarebbe comprata col sorriso sulle labbra. Esattamente
la stessa politica che la portò nella tomba, facendo un tonfo così grande da
portarsi dietro anche chi le era vicino. Sappiamo tutti com'è Pac-Man, no?
Praticamente è l'icona dei videogiochi. Colori sgargianti e forme in movimento,
inseguimento e fuga, rumore di pachinko, din-din e pubblicità della Sprite.
Detto questo, come è potuto venire in mente a qualcuno, evidentemente mosso da
un impeto di genio, di modificare (in peggio) queste cose? I fantasmi sono
fantasmi davvero, dato che flickerano talmente tanto che in alcuni casi sono
appena visibili, ma se questo fosse dettato dai limiti della macchina, uno
potrebbe anche perdonare. Quello che non si perdona sono le varianti gratuite
rispetto all'originale. Il labirinto è diverso, con i passaggi sopra e sotto
invece che di lato, i puntini sono quadrati e Pac-Man ha gli occhi (Orrore).
Detto questo, non si fatica a capire come Munch Man per Videopac G7000, pur
essendo la console più limitata, sia molto migliore di questa versione. Almeno
lì si capisce perché Pac-Man ha le antenne: è un gioco senza licenza. La
delusione quindi è più per l'evidente poco impegno nella programmazione che per
la mediocrità intrinseca del titolo. Fatto sta che dopo uscirono gli ottimi Ms.
Pac-Man e Jr. Pac-Man.
Nel 1980 avere una versione casalinga dello Space Invaders non era affatto male.
Peccato che l'Atari, al pari di altri mostri sacri da sala giochi, non si dedicò
proprio al massimo su queste conversioni. Questa presenta, sì, tutti gli
ingredienti del gioco originale più un notevole numero di varianti, ma pecca
proprio in una manciata di dettagli che a costo zero ne avrebbero potuto fare
un porting eccellente. I colori usati sono opachi, gli sprite non molto ispirati
e soprattutto l'area di movimento del nostro cannoncino fallico è fastidiosamente
limitata da due segni, il che dà la sgradevole sensazione di avere un troppo
limitato spazio di manovra. Gli alieni sono di grandi dimensioni e in numero
ridotto rispetto all'originale, manca una barriera (qui sono tre invece che
quattro), tutte cose che credo potessero essere implementate per renderlo più
fedele all'originale, magari sacrificando le milioni di varianti presenti. Chissà
perché ai tempi faceva molto figo inserire nei giochi queste inutili varianti,
magari trascurando dettagli grafici che avrebbero appagato molto di più il
giocatore.
Pole Position è sicuramente una tappa fondamentale nel percorso dei racing games, anche se non è
il primo gioco di guida in prospettiva sicuramente raccoglie tutti gli elementi e li rende al meglio, ed anche
qualcosa di più. L'arrivo in sala giochi crea clamore, è graficamente magnifico, ed anche se non siamo ancora
nell'era del poligono la sensazione di tridimensionalità è resa egregiamente. Il porting per la console di casa Atari non
si fa attendere, anche se come al solito occorre strizzarla per riuscire a portare in maniera decente i soli concept di gioco.
Partiamo dal porting dei comandi. Nel cabinato abbiamo un volante analogico, una leva per il cambio, due pedali,
uno per il freno ed uno per l'acceleratore. Come si fa a far entrare tutto nel joystick dell'Atari 2600?
Semplice, con la leva digitale si gira a destra e sinistra, muovendola in alto (Low) e basso (Hi) si cambiano le marce e col pulsante
si frena, dato che la nostra macchina è sempre in accelerazione. Per quanto riguarda la grafica si scende a notevoli
compromessi, la nostra auto sembra fatta con i lego, quelle avversarie monocromatiche e l'approssimarsi
abbastanza scattoso, lo scenario fuori della pista è stato totalmente rimosso ed i cordoli continui non sono in prospettiva.
Detto così si potrebbe pensare ad un porting deludente invece tutto sommato ci si ritrrova per le mani un buon gioco,
parte del feeling arcade rimane intatto.